Il termine alabastro si fa risalire agli egizi e in particolare alla città di Alabastron, un tempo famosa per la fabbricazione di anfore e vasetti impiegati per la conservazione dei profumi. L’alabastro è un materiale elegante e ricco di fascino, ottenuto da due tipologie di roccia sedimentaria: una detta alabastrite o alabastro orientale e l’altra alabastro gessoso, più tenero e nella maggior parte dei casi di colore bianco, all’apparenza molto simile al marmo. Quello che viene lavorato a Volterra e nei suoi dintorni è proprio l’alabastro gessoso, formatosi nel Miocene in seguito ad un processo di concentrazione e sedimentazione del solfato di calcio contenuto nell’acqua marina. Come detto, questa tipologia di alabastro spicca per la sua morbidezza e per il suo candore. La prima delle due caratteristiche in particolare, è utile a riprodurre alcuni motivi ornamentali colmi di dettagli, compresi i volti umani, esattamente come accadeva in passato. Quasi come se si trattasse di una pietra divina, gli Etruschi la impiegavano per realizzare sarcofaghi, urne cinerarie e altre decorazioni afferenti al mondo dell’aldilà, molte delle quali raffiguranti il viso del defunto, piuttosto che scene di vita quotidiana o episodi mutuati dalla mitologia greca. In natura esistono varie tipologie di alabastro, tra cui quello trasparente, il bardiglio (bianco con venature grigio scuro), il cinerino (grigio scuro e anch’esso ricco di striature), l’agata (di varie tonalità, compresi i colori miele, beige e marrone scuro).
L’alabastro di Volterra e le “Balze”
Quando le acque del mare si ritirarono, milioni di anni fa, lasciarono dietro di loro un bene molto prezioso: il sale, che divenne una delle ricchezze di Volterra. L’altro dono del mare a questa magnifica terra fu l’alabastro, già utilizzato dagli Etruschi, i quali fecero di Volterra un centro artigiano di enorme importanza. Quella su cui sorge Volterra, è una terra ricca di contrasti, così argillosa e friabile da dar vita ad evidenti e profonde ferite: si tratta delle cosiddette Balze, che offrono uno spettacolo al contempo impressionante e selvaggio. Le Balze sono state formate dall’erosione causata dal dilavamento delle acque piovane, che nel corso dei secoli ha originato frane e spaccature, in grado di segnare per sempre le dolci colline di questa porzione di Toscana. La vista di questi paesaggi è strepitosa e commovente, tanto da conquistare chiunque visiti Volterra per la prima volta.
La storia dell’alabastro di Volterra, celebre in tutto il mondo
L’alabastro di Volterra è a ragione ritenuto il più pregiato d’Europa. La sua formazione risale ad oltre sei milioni di anni fa ed è reperibile in tutto il territorio volterrano all’interno di gallerie e cave a cielo aperto. Questo minerale è facile da trovare e si presenta sotto forma di blocchi compatti, spesso di forma ovoidale. Ogni cava offre una diversa tipologia di alabastro, originata dalla diversa composizione chimica del terreno. A scoprire queste cave, spesso portate alla luce proprio dal fenomeno erosivo descritto poc’anzi, furono gli Etruschi, i primi a scoprire la lavorazione dell’alabastro e a forgiare meravigliose opere d’arte.
I ritrovamenti più antichi sono databili all’VIII secolo a.C. (un esempio celebre è il corredo della Tomba di Badia), sebbene solo a partire dal III secolo a.C. (probabilmente grazie al contributo di artigiani provenienti dalla Grecia) l’alabastro fu sfruttato per la realizzazione di grandi monumenti funerari, quali casse e coperchi di urne. Per gli etruschi questo materiale fu la pietra dei morti: ben 600 urne così realizzate sono conservate presso il Museo Guarnacci. Al tempo, se la terracotta era il materiale destinato alle classi sociali più modeste, l’alabastro era quello richiesto dai ricchi, che ne apprezzavano le sfumature, la luminosità e la ricchezza di particolari. Il declino dell’alabastro coincise con l’arrivo del Medioevo. Gli unici manufatti noti realizzati in alabastro sono due capitelli del XII secolo, provenienti dalla chiesa di San Giusto o dal monastero adiacente. La riscoperta dell’alabastro in quanto materiale pregiato, avviene durante la seconda metà del XVI secolo, quando alcuni artisti presero ad usarlo per la creazione di manufatti d’arte sacra: cibori, tabernacoli, candelabri, acquasantiere e colonne, commissionati dalle tante chiese del territorio.
Il primo scultore moderno che decise di lavorare l’alabastro fu Bartolomeo Rossetti, che nel 1549 realizzò una splendida coppia di candelabri, poi donati ad una parrocchia fiorentina. A partire dal XVI secolo, le realizzazioni degli artisti volterrani furono apprezzate in tutta la regione e anche all’estero, stimolando un commercio di grande portata. La richiesta divenne pressante e fece sì che gli artisti cominciassero a creare anche lampade, vasi ed altri oggetti, le cui affascinanti sfumature conquistarono una mole enorme di persone. La proliferazione di aziende e botteghe diede sempre più impulso al commercio di queste opere d’arte, che di lì a poco divennero protagoniste anche delle prime esposizioni internazionali. I lavori degli artigiani volterrani ottennero grande notorietà, tanto che la ditta Tangassi riuscì a strappare un’importante commessa dall’imperatore del Messico Massimiliano d’Asburgo, che decise di arredare la sua nuova residenza imperiale con opere ed oggetti d’alabastro.